Milano, 2 dicembre 2019
I primi segni di bellezza arrivano dall’essenzialità del palco, da quegli strumenti schierati con cura e dalla confidenza tra Niccolò Fabi e i suoi musicisti. Sembra che danzi con Alberto Bianco (basso, chitarre e cori) e che rinnovi un patto di amicizia, musica e intimità con Roberto Angelini (chitarre, ARP e cori) e Pier Cortese (chitarre Ipad e cori) con i quali affronterà un viaggio in Europa ad aprile del 2020. Daniele Rossi (synth piano e moog) e Filippo Cornaglia (batteria elettronica e glockenspiel) chiudono la squadra del tour.
Sono figlia unica, ma “sono tuo fratello quello bello” mi blocca sempre la gola. @niccolofabi è a #MILANO che felicità ? pic.twitter.com/yety8pdXOD
— PaolaGallo ? (@OndeFunky) December 2, 2019
Tradizione e tradimento (qui recensione e intervista) fa tappa al Teatro Arcimboldi di Milano e suona bene anche sul palco con il suo andamento a tratti sperimentale e quella vocazione di parole contemporanee e necessarie che determinano una scaletta fatta di canzoni recenti e che raccontano perlopiù uno stato d’animo che appartiene al Niccolò Fabi ragazzo adulto che ha visto la vita e prova a raccontarla. Determinante la scelta dei visual che accompagnano le canzoni tra onde, scogli e fiamme che bruciano, unica forma di colore a squarciare il nero. Ci sono le canzoni che hanno determinato il successo degli ultimi dischi (Io sono l’altro, Una somma di piccole cose, Facciamo finta, Una mano sugli occhi, Una buona idea). Storie che una accanto all’altra si contraddicono e offrono punti di vista diversi come Ecco e Vince chi molla. Ci sono passaggi fondamentali come Costruire, E’ non è.
Facciamo finta che chi fa successo se lo merita…? @niccolofabi #milano pic.twitter.com/avt11ySAXN
— PaolaGallo ? (@OndeFunky) December 2, 2019
Pochissime le parole che accompagnano la scaletta e tutte di gratitudine verso chi lavora da sempre nella squadra (dai tecnici al management) e verso un pubblico felice di esserci, che si sente parte di un mondo fatto di gente garbata, inclusiva , che prova a non aver paura del dolore e del diverso. Si respira felicità e un senso commovente di appartenenza. Non ci sono molte delle canzoni del passato eppure lo spettacolo scorre senza farne sentire la mancanza. Rispettata la tradizione del finale con Lasciarsi un giorno a Roma e di quel Vento d’estate che ci porta al mare anche nel freddo nell’autunno. Un concerto che fa bene anche a chi l’ha pensato, perchè culla e perdona le parti ombra e presta vite musicali di riserva: “Quelli che vedi sono solo i miei vestiti, adesso vacci a fare un giro e poi mi dici…”.
Paola Gallo