Milano, 21 luglio 2018
Avevo davvero il cuore a mille quando partivo per le vacanze. Piena di aspettative e di rituali. Mettevo le x sul calendario un mese prima, la sera precedente cena al ristorante sotto casa che guai a sporcare e il corridoio pieno di cose. Un vero esercito di borse, scarpe, salvagenti, bocce colorate e oggetti inutili. L’accordo silenzioso con il mio papà era che lui si scandalizzasse ogni volta del numero spropositato di borse, che minacciasse di non partire e che poi stipasse tutto minuziosamente nel bagaglio della macchina rossa, anzi amaranto per sentirsi dire bravo un centinaio di volte. Si aspettava quelle braccia al collo e quel sorriso felice ed io lo sfoggiavo senza alcuna esitazione ogni volta.
Mi facevo piccola piccola nei sedili posteriori incastrata tra i bagagli che non avevano trovato posto nel baule e cominciavo a sognare con la musica. Walkman, radio, quello che capitava. Ogni canzone era uno spunto per immaginare, baci, amori, storie bellissime e il tempo, prima della condivisione e poi della ribellione. Agognavo la fermata all’autogrill perché è uno dei luoghi insieme agli aeroporti che ho sempre prediletto in assoluto (e questo la dice lunga sulla mia instabilità) e ne approfittavo per mangiare rotelle di liquirizia e prosciutto toscano. La Toscana era la destinazione, l’unica milanese a non andare in Liguria o in Romagna . Ed ero anche una delle poche della mia classe a non tornare ad un paese d’origine. Mi sentivo diversa, senza un paese a cui tornare e quindi adottavo la Toscana per l’estate, visto che Milano lo era per tutto il resto della vita.
Ero sempre la prima a vedere il mare, vincevo sempre. Non ho ancora capito se per eccesso di desiderio e attenzione o perché i miei mi lasciavano volontariamente la gioia del primato. E poi contavo i chilometri con ansia e attenzione ai particolari. Ardenza, Antignano, ma prima il cacciucco a Livorno. E poi Le Forbici, Calafuria e quegli scogli mozzafiato, Quercianella, Castiglioncello, eccoci lì davanti alla casa affittata per un mese a scaricare i bagagli. Un mese di amici nuovi, canzoni del jukebox, di struscio sul lungomare per vedere quello carino, quello che mi avrebbe dato il primo bacio. Chissà se lo rivedessi ora…
I pattini, i copricostume all’uncinetto, le biglie dei ciclisti, la pista sulla sabbia. Il bagno alle 11 e alle 17, la schiacciata con il prosciutto, il tramonto nell’acqua e la sera che arrivava con tutte le sue sorprese a buttare farfalle nello stomaco. Sento ancora oggi tutta la gamma delle emozioni, il pulsare irrefrenabile dell’adolescenza, dell’attesa. Ogni volta che sto per partire per il mare, nel fondo del mio stomaco si agitano i ricordi e il desiderio fortissimo di riprovare quelle straordinarie sensazioni.
Tra poco volerò in Salento, una settimana di vacanza. Il bagaglio è più contenuto, le aspettative gestite da adulta, ma sotto l’apparente saggezza, c’è ancora tutto quell’arcobaleno di attese e meraviglia, di baci, di occhi importanti, di musica che tiene compagnia e restituisce la felicità. Pagherei un miliardo di euro per poter dire ancora a mio padre che è stato bravissimo con i bagagli e allora chiudo gli occhi e come facevo da piccola sogno ad occhi aperti. E’ un attimo tornare in Toscana a mangiare cocomero e ubriacarsi d’amore e trepidazioni. In fondo sono ancora lì, sempre in quel viaggio.
Paola Gallo©
Wow! Io uso le emozioni come metro di giudizio delle cose e della vita e questo post mi ha emozionato tanto….buona vacanza !!!!
Scritto d’impulso, guidata dai ricordi e dalle emozioni
Leggerti è sempre un piacere, sembra di essere lì vicino te a vivere quel che ci racconti come in un film… Buone vacanze Paola
grazie, davvero