Milano, 20 febbraio 2017
Qualche giorno fa Grido, alias Luca Aleotti, ha invitato in studio alcuni giornalisti per l’ascolto, in anteprima, di Segnali di fumo, il suo nuovo disco che uscirà il 3 marzo e che contiene riflessioni intelligenti, featuring e analisi taglienti. Certo non è facile tornare e cercare quel posto che ancora non sai e proprio per questo, credo, il ragazzo ci sta mettendo faccia e impegno.
Terminata l’esperienza con i Gemelli Diversi, ecco che Luca deve trovare una strada credibile ma che nello stesso tempo non tradisca le radici e le convinzioni di Grido. Quello che ho di fronte è un ragazzo entusiasta, che parla in fretta, che sa molto di più di quel che non dice. Fa citazioni e conosce la vita. E, dato non trascurabile, ha un figlio che la vita gliel’ha proprio cambiata. Che quello per lui sia un momento importante lo capisci dal bacio della compagna e dalla presenza del padre, due indizi evidenti che questo album è una (ri)partenza piena di aspettative.
In questo disco si rispecchia tutta la mia vita passata e presente, sono davvero onorato e felice per l’entusiasmo e l’amicizia che tutti i cantanti e produttori presenti mi hanno dimostrato in quest’avventura attraverso noi stessi e il nostro tempo. Siamo ancora in piedi e ancora vivi… Abbiamo vinto noi.
Dal singolo condiviso con Danti dei #twofingerz questo è un disco che si diffonde come un concept attraverso segnali di fumo. Quella dei nativi Americani è una storia tormentata e piena di ingiustizie che la società moderna tende a dimenticare, la loro cultura è permeata da un alone di misticismo e una morale alla ricerca della libertà e della saggezza. Caratterizzati da un forte senso di appartenenza e da un’ostinata volontà di difenderlo. Lo stesso spirito si può ritrovare nei messaggi lanciati all’interno delle canzoni. Ecco il perché della copertina e di questa trasformazione anche grafica che fa da supporto all’ascolto delle varie canzoni che Grido presenta una ad una con i giusti particolari partendo dalla title track Segnali di fumo.
Rendo ancora una volta pubbliche le mie riflessioni sulla verità e la libertà, arrivando ad un ritornello che apre varie letture “L’amore che provo per lei ha più di un senso” racconta le mie posizioni sulle droghe leggere precisando che “La libertà che cerco è dentro di me” ovvero che dipende tutto da come affronti le situazioni e se hai giudizio nel prendere le tue decisioni. Se apriamo la parentesi infinita della legalizzazione delle droghe leggere il mio punto di vista è ben spiegato nella canzone e insisto che ci vorrebbe più informazione e più sensibilizzazione e leggi diverse da quelle attuali. Renderei ad esempio obbligatoria la maggior età come nei Coffee Shop in Olanda o nei Social Club in Spagna. Il “giocare” con questo argomento scottante e dare messaggi più personali legati alla mia vita, alla mia generazione, al mio modo di essere, mi è piaciuto talmente che ho voluto intitolare così il disco e farne anche il tratto comunicativo di tutto il lavoro, che ha uno stile sfrontato ma mai gratuito.
Ascoltiamo le canzoni una dopo l’altra con le preziose note d’autore, appunti figli della cura e del bisogno di raccontare: Blu narra di noi esseri umani che non siamo mai appagati e sempre alla ricerca di un altro traguardo. Avevamo le ali e quindi il bisogno di volare è ancestrale. Nello specifico il mio volere volare è fare arrivare a più persone il mio messaggio, vedere che un ragazzino di una generazione diversa dalla mia, mi ferma per strada e mi chiama “Fra”. E’ poter fare musica e guadagnarci, perché no, ma renderla anche motivo d’orgoglio per mio figlio. Se un ragazzino inizia a fare rap per comprarsi il dente d’oro, io che sono stato quel ragazzino (che non si comprava i denti d’oro ma le catene d’argento) ora cerco di fare qualcosa che resti nel tempo.
Chiedo a Grido una digressione sulla scena rap di oggi e se lui si colloca ancora lì:
La mia matrice arriva da lì. Nonostante io mi influenzi con il reggae, la musica elettronica, l’hip hop, il mio messaggio sta tutto in quello che voglio raccontare. Quando ascolto un disco rap se non ci sono messaggi più che forti, musicalmente mi annoio, per questo nei miei dischi voglio permettermi anche una canzone con Paolo Jannacci per fare un omaggio a quello che fu il duo Cochi e Renato e la musica che mi fece conoscere mio nonno. Gli altri rapper non lo fanno e questo mi allontana un po’ dalla scena rap così come viene intesa in Italia, mentre negli Stati Uniti (un po’ come ora sta facendo Takagi con Giusy Ferreri) se un rapper produce canzoni pop non lo sputtana, anzi dimostra il merito all’interno di un sistema discografico. I progetti come Macklemore esistono all’estero e non arriva il purista a lamentarsi. Spero che anche in Italia questo atteggiamento vada a scemare e non ci sia più la distinzione tra rap puro e impuro. Io ad esempio mi sento un ibrido. E’ uscito il nuovo disco di Luca e di Grido e mi sento libero di inserire influenze diverse da Netfix a Cochi e Renato passando per Masini. Ghali è un talento rap e tale rimane ma non credo vada messo insieme al milione di persone che lo imita e che dichiara di essere il nuovo rap.
Non ti ha sfiorato l’idea di pubblicare il disco come Luca Aleotti?
No. Guardo come esempio Raige che sta facendo un suo percorso e ha pubblicato un disco che si allontana un po’ dal rap anche se poi quando lo vedi in concerto ti rendi conto che puoi togliere un rapper dal rap ma non il rap da un rapper. Lui ora però vuole dimostrare le sue doti canore e un’altra attitudine nello scrivere dimostrando grande talento. Un altro esempio è Nesli. Io non mi sento ancora così bravo né a scrivere né a cantare per poter rientrare nei canoni del pop e competere con Tiziano Ferro (per fare un esempio). Per cui per il momento sto qui come Grido e propongo il mio disco che trovo assolutamente originale.
La canzone-omaggio a Cochi e Renato suonata con Paolo Jannacci si intitola L’Italia Chiama e non avrebbe sicuramente sfigurato a Sanremo, dove Grido sarebbe andato (volentieri) a presentare il suo nuovo lavoro.
Gremlins invece è condivisa con il fratello J-Ax
Non mi sento fratello d’arte. Ci sono stati momenti in cui la situazione si è ribaltata in base alla popolarità. Ci sono stati anni in cui all’Autogrill hanno chiesto a mio fratello se era il fratello di Grido (lo racconta anche in un suo libro). Quello che mi pesa non è il fatto in sé ma il pregiudizio, il dover aver a che fare, volente o nolente, con il paragone. “Questa cosa l’ha già fatta J-Ax” ironizzo nel brano. La risposta è semplice: J-Ax ha fatto quasi tutto prima di tutti. Siamo cresciuti nella stessa casa, nello stesso contesto sociale , frequentando le stesse persone e gli stessi ambienti. Sono gli altri che vivono il peso di un fratello così, per me è una figata e basta. Ricordo anche quando stavo nei Gemelli e lui ci spronava ad essere sempre meglio. Potrei raccontare aneddoti per ore e ore.
I ritmi si alternano così come la volontà di comunicare. Ci sono Occhi diversi condivisi con Tormento, un altro padre-rap. E’ commovente sentire Luca raccontare di come ti cambia la paternità, di come ti scopri genitore solo grazie a tuo figlio. Niente teoria, tutta vita. Aveva ragione, questo disco lo racconta molto, ma spiega anche punti di vista originali sulla storia contemporanea e sulla vita in generale. Le premesse ci sono tutte per una strada nuova, magari in salita, ma ricca di sudore, gioia e novità.
Paola Gallo©