Milano 30 novembre 2016
Io e Simone Cristicchi ce lo eravamo promesso. Rivediamoci per un’intervista. E così è stato dietro le quinte del Teatro Carcano a Milano dove è in scena sino al 4 dicembre con Il secondo figlio di Dio. Per raggiungere il camerino passo dalla platea dove sta scegliendo una nuova immagine da proiettare sul finale: una foto di David Lazzaretti, il protagonista dello spettacolo-racconto.
E proprio da lì partiamo, da David e dagli antieori, le storie che Simone predilige scovare e raccontare
Nel caso specifico, la particolarità di Lazzaretti è che non è stato canonizzato come santo, ma il più grande miracolo che ha fatto è resistere al passare del tempo. E’ vero io l’ho ritirato fuori dal cilindro ma negli anni ’70 lui era stato riscoperto, quindi ha superato 180 anni dalla sua nascita. Le sue azioni hanno cambiato la realtà del suo territorio, il 14 agosto ancora qualcuno lo celebra ad Arcidosso (Toscana). Le azioni e gli uomini straordinari riescono a superare il passare del tempo. Tant’è che oggi lui rivive sul palco con me.
Come si fa a memorizzare un testo così lungo e a non incespicare sulle battute?
C’è una fase in cui si recita il testo a memoria in maniera un po’ meccanica, più passa il tempo, più interiorizzi il testo in maniera naturale e ogni sera subisce delle variazioni. A volte mi prendo il lusso di tagliare, aggiungere delle parti. Venendo dalla musica sento questa sinfonia nel monologo. Si crea una melodia nella mia testa ed ogni sera è diverso, non è come una canzone che più o meno la fai sempre uguale.
Io ti ho conosciuto a Viareggio al Festival Teatro Canzone dedicato a Giorgio Gaber, ma è la musica la forma d’arte dalla quale sei partito
Sì anche se già nei primi concerti che facevo nei pub a Roma inserivo sempre tra una canzone e l’altra dei pezzettini di teatro ed è quello che mi ha fatto innamorare di Gaber. Oggi io non posso dire di essere un erede di Gaber perché ho creato il mio linguaggio, ma tutti noi che facciamo spettacolo siamo debitori a lui come a Marco Paolini, nel mio caso, per il teatro civile, perché lui e Gabriele Pacis ne sono stati gli inventori. Nel mio caso l’ho rielaborato in musical civile.
Nella tue scelte ti sei mai sentito solo?
C’è sempre stato qualcuno che ha creduto in me. Ad esempio l’anno del Festival Gaber tra il pubblico c’era un editor di Mondadori che mi ha avvicinato dicendomi che amava il mio mondo e come lo raccontavo e mi ha chiesto di scrivere un libro. Mi hanno dato carta bianca e sono arrivato al quarto. Non mi sono costruito da solo, ho sempre avuto attorno a me una grande energia e una squadra enorme che lavora, come in questo spettacolo.
Sei la dimostrazione che c’è una parte d’Italia che ha voglia di ascoltare e non ha paura della “cultura”
La dimostrazione più grande l’ho avuta con Magazzino 18, spettacolo nato per caso dopo la mia visita in quel luogo. Mai avrei pensato che la storia dell’esodo degli istriani potesse interessare così tanto, quasi 180.000 spettatori 3 anni di repliche in tutta Italia. Il teatro diventa un luogo dove la comunità si raccoglie e si confronta, anche nel caso di Lazzaretti in cui ognuno dà la lettura che preferisce.
Sono 6 anni che hai scelto il teatro civile. E’ la tua forma d’arte preferita oggi?
Chi viene a teatro vede esattamente Simone per quello che è. Non che con la musica mi nasconda, ma qui riesco a mostrarmi nella mia totalità, sia per la ricerca che c’è dietro, sia per la recitazione grazie ai grandi maestri che mi hanno seguito pur non avendo fatto mai una scuola di teatro, sia per la musica presente nello spettacolo.
Che musica ascolti oggi tu? Qual è l’ultimo disco che hai comprato?
Sono un po’ schizofrenico nei miei ascolti. Ho comprato il disco dei TheGiornalisti perché ci suona un mio amico e il disco del pianista Satie perché l’ho sentito l’altra sera in un locale. Ultimamente ascolto anche molti suoni della natura che mi rilassano e aiutano nella concentrazione e poi…(controlla il suo smartphone per essere più preciso) Gommalacca di Battiato, Eminem, Sergio Endrigo e l’ultimo bellissimo disco di Niccolò Fabi.
Un tuo disco nuovo non è pronto…
No, però non nego che un giorno non mi metterò a scrivere canzoni perché a un certo punto ritornerà la voglia. In questi tre anni ho ricevuto così tanto amore che essere sul palco per me è restituire tutto quello che mi è stato dato, come una forma di riconoscenza per il pubblico che mi ha preso fra le sue braccia. Lavoro tantissimo per dar loro qualcosa di nuovo, inaspettato. Quindi il prossimo spettacolo teatrale sarà qualcosa che farà morire dalle risate…
Tipo Bagaglino…
Brava, tipo Avanspettacolo con le ballerine…(ride)
Che straordinaria opportunità condividere del tempo con chi sa farti ridere e commuovere con la stessa intensità. Se ancora non lo avete fatto, vi consiglio di entrare nel mondo di Simone Cristicchi, uno che sa allenare alla curiosità, all’ascolto e all’amore per la giustizia sociale.
Paola Gallo©