Milano, 17 marzo 2016
Arisa canta ed io mi emoziono. Non sono (solo) le canzoni.
E’ proprio lei, il suo modo di essere sinceramente intonata senza leziosità. La verità drammatica, il suo bisogno di comunicare che va oltre, forse, le sue intenzioni. Guardando il cielo non racconta la mia storia, ma posso sentire quella stessa fragilità di “Se tu mi chiedi cosa faccio in questa vita, amico mio, la sola che so dirti è non lo so nemmeno io...” mentre la ascolto.
E in ogni brano del disco sento un po’ della mia stanchezza, della mia allegria, della mia paura. Ecco quello che sa fare Arisa è trasmettere se stessa con un’autenticità spaventosa. Le sue giornate e le sue storie arrivano dirette nel tuo calendario e le aspetti, le ascolti, le commenti come passaggi della tua vita. Come dice bene all’inizio di Voce: “Aprimi questa porta che sono io…” e avanti nell’ascolto e nella condivisione.
Un rinnovato e consapevole rispetto per la natura (Gaia con il contributo prezioso di Carlo U. Rossi), canzoni sull’amore sensuale, sulla parola fine, sulla speranza che riaccende il cuore rendendolo ancora sensibile.
Rosalba scrive le parole delle sue nuove canzoni in autonomia e con Giuseppe Anastasi che ormai la sa raccontare con una precisione chirurgica. I dischi di Arisa sono una domanda che prima di tutto lei fa a se stessa.
Sono il cammino di una ragazza che cerca di crescere con coerenza, libertà e senza soffrire troppo.
Sono un volo e ricordano che la vita “non è un film di Natale…però è un bel regalo”.
Un giro di valzer (Per vivere ancora) et voilà ci si ubriaca d’amore.
PaolaGallo©