Milano, 23 gennaio
Il 17 febbraio i dublinesi Inhaler pubblicheranno il loro secondo disco Cuts and Bruises, a poco più di un anno da It won’t always be like this disco di debutto che ha raggiunto il 1° posto delle classifiche ufficiali di Regno Unito e Irlanda ed è stato l’album di debutto in vinile venduto più velocemente da qualsiasi band in questo secolo e li ha portati ad essere il primo gruppo irlandese in 13 anni in cima alla classifica degli album con un debutto. Sono 4 e hanno un suono straordinario fatto di chitarre, rock e brit pop. Curiosi, originali, piacevoli, mi hanno fatto pensare, al primo ascolto, che nel panorama di oggi dove la trap e l’hip-hop sembrano fare la parte del leone, fosse arrivato finalmente un gruppo da seguire. Inhaler from Dublino: il leader, Eli Hewson, è il figlio di Paul Hewson, cioè Bono Vox degli U2, ma questo è solo un dato, perchè i quattro funzionano benissimo anche senza il lignaggio famigliare del frontman chitarrista. Paul da piccolo ha sofferto d’asma e per questo ha dato alla sua band il nome Inhaler che vuol dire infatti inalatore. Gli altri sono Robert Keating (basso), Ryan McMahon (batteria) e Josh Jenkinson.
Il nuovo disco contiene 11 brani ed è stato prodotto da Antony Genn. Inhaler torneranno a suonare in Italia per tre appuntamenti: 13 maggio Estragon di Bologna, 14 maggio Orion di Roma e 16 maggio Alcatraz di Milano. Oltre agli appuntamenti in Italia, annunciati anche altre atività live. Saranno supporter delle date di Harry Styles allo Slane Castle, di Sam Fender al St James Park, e special guest degli Arctic Monkeys nel loro tour in Europa del 2023. Vederli e leggere la loro storia fa capire la solidità del suono del nuovo disco scritto in proprio, raccontando giovani amori e dolori e una fede incrollabile nella band “che ha il suo forte nell’alchimia che si crea” e nell’amicizia. Lo sguardo, rispetto al primo disco, è più rivolto al gruppo e alle sue gesta come nel primo singolo These are the days che, spinta da un basso potente, racconta il senso stesso di essere una band e suonare dal vivo e ha creato il giusto ponte di passaggio tra primo e secondo disco, che a tratti è più livido e sofferente (soprattutto per amore) come in If you’re gonna break my heart. Just to keep you satisfied è invece la dichiarazione di intenti del disco. Insomma i tagli e i lividi del titolo sono stati “guadagnati” sul campo (o sul palco).
Ecco alcune domande fatte oggi agli Inhlaer sul nuovo disco durante la presentazione del disco oggi a Milano.
Paola Gallo
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