CARMEN CONSOLI all’Arena di Verona
Una festa per ricominciare

Verona, 26 agosto 2021

Seguo Carmen Consoli da 25 anni, da quando nell’ufficio della Polydor di Milano mi presentarono una ragazzina con la chitarra che “voleva fare la rockstar” e che di lì a poco ci sarebbe riuscita non senza fatica e qualche ostacolo. Il primo lo vivemmo insieme di notte a Sanremo dopo la sua eliminazione tra le Nuove proposte con Confusa e Felice , una canzone straordinaria che per fortuna fu ampiamente vendicata dal successo ottenuto in radio e nel cuore della gente. Le stesse anime che ieri sera hanno riempito, per quanto possibile, l’Arena di Verona e che nel tempo si sono moltiplicate e mai perse. In questi 25 anni La Cantantessa è sempre stata un punto di riferimento per colleghi e colleghe che ieri sera le hanno reso omaggio con sincera devozione. Da Elisa “il mio contraltare del nord” alla “picciriddaLevante che sicuramente ha tratto forte ispirazione dalle gesta di Carmen e pare esserne una delle eredi naturali.

Lo spettacolo che si è celebrato ieri sera ha ripagato l’anno di attesa, si è sviluppato con un’armonia eccezionale, la stessa che scorreva tra l’orchestra e la band e tra gli artisti che si sono avvicendati portando le loro canzoni e condividendone altre con la Consoli. Riascoltando quei testi mi sono resa conto per l’ennesima volta di quanto coraggio abbia avuto Carmen nel cantare anche le ombre più recondite del femmineo “triste annoiata e asciutta”, “E non ho fatto altro che sentirmi sbagliata”, “nessuna marcia nuziale soltanto il mio tacito requiem”, “era disperatamente sola alle porte dei sessanta” e di quante sue frasi mi abbiano fatto commuovere per la verità profonda che svelavano. Quante ne ho rubate negli anni e che forza hanno ancora.

La partenza è  fulminante con Quello che sento, Parole di burro, Pioggia d’aprile e Fiori d’arancio ed è proprio un abito bianco (di seta e di organza?)  che la Cantantessa indossa austera per tutta la serata accogliendo anni, ricordi, canzoni e amici. Il primo è Mario Venuti che racconta le prime volte di Carmen ragazzina e lui che era stato convocato per scrivere. Perfetti in Mai come ieri e Amore di plastica. Se 25 anni fa quelle per Blunotte potevano essere lacrime dolorose, quelle di questa sera erano di felicità ed Elisa più Carmen davvero magiche  con quel talento che attraversa l’Italia dal profondo sud all’estremo nord e svela una Promettimi ancor più commovente dell’originale (ed era difficile). Le altre “fimmine” sono Irene Grandi con una Se mi vuoi che fa alzare gli occhi al cielo e non sarà l’ultima volta, Marina Rei che porta la Primavera (“finalmente me l’hai fatta cantare”) primi di unirsi alla batteria del clan dei romani Gazzè e Silvestri. E poi Tosca che con Piazza Grande invita idealmente sul palco anche Dalla, Levante chiamata al difficilissimo lavoro di Bonsai Oderc e Nada perfettamente a fuoco su ‘A Finestra e Senza un perchè.

Le ore che passano sono pura gioia come quella cantata da Manuel Agnelli con Rodrigo D’Erasmo, Elisa e Carmen in Quello che non c’è e  e atmosfere si alternano come le stagioni attraversando la scanzonata felicità del dream team Consoli, Gazzè, Rei e Silvestri (Le cose in comune, Vento d’estate, Al di là di questi anni, Confusa e felice) e i brividi del ricordo che che ha fatto battere le mani a tutto il pubblico su Beppeanna con l’arrivo di Finaz a celebrare Erriquez, indimenticata voce della Bandabardò.

 

La perdita più recente  ancora nell’aria è quella di Franco Battiato, nume tutelare e amico della Cantantessa e la struggente sequenza de L’ultimo bacio e Giudizi Universali condivisa con Samuele Bersani sembra il prologo di un finale anticipato dalle parole di Donatella Finocchiaro che di tanto in tanto presta la sua voce e un accento siciliano ai racconti che tengono insieme i 25 anni della storia e le parole scolpite di Franco Battiato. E’ Stranizza d’amuri la canzone corale che chiude una serata speciale interpretata da tutti i siciliani presenti: Carmen, Levante, Venuti e Colapesce Dimartino (ottimi anche in Luna araba) e dalla “straniera”  Tosca che sfodera un dialetto perfetto (“Carmen mi ha mandato tutte le pronunce mi ha detto poi nel backstage).

A fine serata un po’ di cose appaiono evidenti ed inequivocabili: passano anni, like, tiktokers, meteore e pandemie, ma alcuni punti fermi musicali sono lì a ricordarti chi sei e ti guidano, ti illuminano. Non cedere alle facili lusinghe e tenere il punto sulla propria musica (vita?) porta sicuramente ad una serata come questa: vera, illuminata, piena di quegli abbracci che tanto erano mancati.  Nell’abbraccio e nello sguardo di Carmen incontrato dopo il concerto c’era la bellezza della gratitudine e del tempo condiviso, di questi 25 anni di protezione e parole. Carlo (la copia sputata della madre) ha già 8 anni e uno sguardo super intelligente. Chissà cosa farà da grande. La sua mamma sicuramente la Rockstar come il disco in uscita il 24 settembre: Volevo fare la rockstar”. Un disco narrativo e fortemente attuale, con uno sguardo critico ma anche romantico sulla società e sull’uomo, anticipato il 3 settembre dal primo inedito Una domenica al mare.

Paola Gallo©

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