Milano, 16 marzo 2020
In questi tempi in cui la condivisione diventa uno dei pochi metodi di difesa, eccoci a pubblicare l’intervista realizzata da Mattia Marzi per Rockol a Vasco Brondi sull’idea che ha generato #iosuonodacasa
Buona lettura
“Ho capito che attraverso le mie canzoni e la musica più in generale potevo rendermi utile per gli altri, in un momento così difficile come quello che stiamo vivendo. E mi è venuto naturale usare quell’hashtag”. A parlare è Vasco Brondi, che è stato il primo artista ad utilizzare in un suo post #iosuonodacasa, per una diretta Instagram dal suo studio di Ferrara. Quell’hashtag è diventato il nome del progetto lanciato da Rockol insieme ad altre testate musicali online, Allmusicitalia, Frequenzaitaliana, Musicadapalco, Newsic, Ondefunky, Onstage e Optimagazine, per dare la massima visibilità alle tante iniziative che in questi giorni vedono gli artisti musicali realizzare concerti “casalinghi” nel tentativo di tenere vivo il rapporto con il pubblico ora che i concerti dal vivo sono momentaneamente sospesi in tutta Italia per l’emergenza Coronavirus, e anche per sollecitare donazioni via telefono al numero solidale 45527.
Il cantautore ferrarese, per anni mente della one man band Le Luci della Centrale Elettrica, la cui avventura musicale è ufficialmente terminata nel 2018, quando Brondi ha deciso di iniziare a fare musica utilizzando il suo vero nome, non è un grande frequentatore dei social network. Schivo, timido e riservato, compare su Facebook e su Instagram raramente e lo fa solo quando ha davvero qualcosa da comunicare a chi lo segue: “L’idea di suonare in diretta su Instagram me l’ha data Xabier Iriondo degli Afterhours – racconta – aveva scritto sui social di voler fare un live casalingo. Mi sono detto: Potrei cercare anche io di interagire con chi mi segue attraverso un’iniziativa del genere. Ho preso il cellulare e l’ho fatto, proprio nel giorno in cui è entrato in vigore il primo decreto e le autorità hanno cominciato a invitare la gente a restare a casa. Volevo semplicemente fare compagnia agli altri, utilizzando un mezzo come quello dei social”.
Brondi era rientrato il giorno prima dalle Canarie, dove di tanto in tanto si rifugia per scrivere e registrare: “Lì la situazione era abbastanza tranquilla. È stato l’istinto a riportarmi a Ferrara, il giorno prima del lockdown. Sono contento di essere arrivato in Italia per tempo: non per l’eventuale casino del ritorno, con i voli bloccati, ma per condividere orgogliosamente questa esperienza, per essere al mio posto e rendermi in qualche modo utile”. Il cantautore non aveva tour in essere o dischi da promuovere (l’ultimo, “Terra”, è uscito nel 2017, ancora con il nome di Le Luci della Centrale Elettrica, mentre nel 2018 è stata la volta della raccolta che ha chiuso il progetto della one man band): “Di fronte all’idea che bisognerà stare a casa per un po’ non mi sono lasciato prendere dal panico. Per me questo periodo è diventato una sorta di residenza artistica, un ritiro. Non la vivo come una quarantena, guardo le cose da un’altra prospettiva. E in questi giorni sto scoprendo pian piano le potenzialità della musica e della cultura più in generale, che in casi del genere diventano veri e propri antidoti”.
In Terra c’era una canzone, Coprifuoco, che a riascoltarla oggi sembra essere la colonna sonora perfetta per questi giorni di isolamento, anche se lì Brondi parlava di una guerra combattuta con le armi, non contro un nemico invisibile come un virus: “Me ne sono reso conto cantandola in una delle mie dirette su Instagram – riflette lui – le canzoni a volte contengono delle piccole profezie. Nel testo di Coprifuoco parlavo anche di relazioni umane: credo che vivendo questa solitudine digitale ci renderemo conto, una volta che tutto questo sarà passato, di quanto sia indispensabile la presenza umana nelle nostre vite. È una cosa che ci resterà dentro per un po’”.