Milano, 7 novembre 2019
Zucchero riesce sempre a usare parole nuove, suoni contemporanei e a indossare una cifra stilistica che lo rende adolescente e puro, a prescindere dall’età. Citare Roncocesi, le radici che hanno tessuto una vita e non scordare mai quell’accento emiliano, anzi della bassa padana, non lo rende meno credibile a livello internazionale, viaggiatore del mondo e dei suoi suoni.
D.O.C. è il nuovo disco di inediti di Zucchero (qui il racconto di Wanted)e racchiude un’intenzione molto chiara: la necessità di mettere fine all’apparenza, di scardinare tutte le barriere che stanno tra la sostanza della vita e il suo futile racconto. “Ma come fai a non dire mai quello che pensi” è l’incipit di Vittime del cool e Freedom, una dichiarazione d’amore alla libertà (che bel sapore hai) già dal titolo. Nel mezzo suoni e ballate che vanno dal rock al blues, la sfacciataggine di Soul Mama e il magone di Cose che già sai condivisa con la giovane svedese Frida Sundemo. Tanti gli spunti di conversazione con i giornalisti durante la conferenza stampa. Non manca ovviamente l’accenno a una cronaca scura che riporta alla luce rigurgiti razzisti e antisemiti. Usavo molti più doppi sensi una volta, ora i tempi non sono più così goliardici e sono un po’ preoccupato non lo nego. Commuove quando parla del padre ateo che però chiedeva gesti di generosità per il prete del paese e quando racconta che lui e Pavarotti parlavano in dialetto e quando qualcuno si mostrava troppo riverente il maestro si indispettiva e sbottava con uno slang comprensibile a pochi. Non dirò mai Grazie di esistere al mio pubblico, semmai A buon rendere e certe frasi fatte usate dal palco gli procurano allergia. Zucchero è schietto e sa raccontare da anni canzoni che se ne vanno e piangono lacrime di un altro dolore. ECCO LA MIA INTERVISTA ESCLUSIVA A ZUCCHERO, PIU’ FUNKYGALLO CHE MAI.
Paola Gallo