Milano, 7 maggio 2019
La terra sotto i piedi di Daniele Silvestri è un disco nel quale quelle come me si specchiano totalmente, vedendo il sorriso bello dei giorni buoni ma anche quelle rughe sottili delle luci al neon. E’ un disco che non smette mai di parlarti, che va a fondo, che non tralascia nulla, che parte dalla speranza (Qualcosa cambia una musica nuova una strada pulita l’Europa sognata la Siria guarita un popolo onesto le navi nei porti la scuola diffusa i processi più corti…) e attraversa qualche canzone prima di arrivare al titolo, nascosto nel Concime: “Mi manca la terra sotto i piedi un solido riferimento in basso da cui attingere conforto anche quando non lo vedi la base da cui puoi spiccare un salto sapendo che al ritorno la ritrovi…”. E anche quando si parla d’amore (La cosa giusta) lo si fa guardando una prospettiva diversa: “Sembrava solida e perfetta la nostra immagine allo specchio e tu con me riflessa, io quella lacrima giuro che non l’ho vista e neanche te che domandavi aiuto alla commessa. Un inguaribile entusiasta a cosa serve se non vede il mondo che si guasta…”.
La terra sotto i piedi mette a posto con parole perfettamente assestate i social e tutti quelli che si sentono tribuni indiscussi solo perché possono esprimere un parere (Complimenti ignoranti e Tempi modesti) e si confronta con la generazione dei giovani (T)Rappers in Blitz Gerontoiatrico: “Non penserai che sia colpito dal saperti stupefatto. Il fatto è che puoi fare molto meglio di così se alzi il livello del discorso, non del THC“. Ci sono digressioni e metafore calcistiche molto commoventi (La vita splendida del capitano) in cui si inneggia alla sconfitta come a un premio dell’anima e un’incursione profonda e dolorosa nel mondo degli adolescenti con Argento Vivo, che è transitata a Sanremo in luogo di canzoni d’amore che avrebbero sicuramente trovato terreno più fertile. Ma Silvestri è così, da più o meno 25 anni. Ti sorprende andando in luoghi inaspettati e uscendo sempre dalla convenzione. Con lui l’intelligenza e l’uso cesellato delle parole non sembrano una colpa ma un rifugio. E in questo disco dalla perfezione chirurgica c’è anche spazio per il lieto (si fa per dire) fine di Il principe di fango (solo un lieto fine): “Quel buco che hai nel petto che cerchi di coprire un giorno ti prometto mi ci lascerò cadere. E troverò là dentro, se un poco ti conosco, un principe di fango e un vecchio commosso per te. E non è pericoloso non è pericoloso…”. Perché alla fine, lasciarsi andare è l’unico modo per ritrovare la terra sotto i piedi e non è pericoloso.
P.s. Se vorrete vedere la mia intervista a Daniele Silvestri vi aspetto giovedì 9 maggio alle 18.30 alla Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano.
Paola Gallo©