Milano, 5 aprile 2019
Tutto bene tutto bene tutto bene, terribilmente tutto bene. Rubo una traccia di Corochinato, o se preferite ne assaggio un sorso virtuale, per concentrare in una frase il concerto degli Ex Otago (qui la mia intervista), sold out al Fabrique di Milano. Ero davvero curiosa di rivederli dopo il tour di Marassi (oltre 100 date) ed è stato bellissimo toccare con mano la loro evoluzione artistica, condividere questo momento di crescita e capire che nulla alla fine è cambiato. Maurizio (voce) continua a fare l’agricoltore e sua madre fa irruzione inconsapevolmente durante la conferenza stampa prima del concerto. Fra, Simmi, Olmo e Rachid proseguono le loro vite tra ricerca universitaria e architettura, ma insieme creano musica e spettacoli di altissimo valore emotivo, raggiungono pubblici di età diversissime (anche se la fan base è principalmente trentenne) e con un art director d’eccezione come Carlo Zoratti, danno vita a un live che è una vera e propria narrazione con visual eccezionali che muovono lo show.
I giovani d’oggi… VOTA @exotago #milano si vola pic.twitter.com/L1RaWaMLF6
— PaolaGallo ? (@OndeFunky) April 5, 2019
Si parte con le immagini di una televisione che catapulta in uno zapping anni ’90 e un attacco chitarra e voce di Questa notte (Cosa fai questa notte? è il titolo del tour 2019) che poi esplode insieme alla voce e alle braccia del pubblico. Da Corochinato a Marassi si intersecano le storie di Genova e dintorni anche se ormai abbiamo capito che quella che interessa agli Otaghi è la lettura lucida di quel che accade fuori: “Se I GIOVANI D’OGGI valgono poco gli anziani cosa ci hanno lasciato? La salerno reggio-calabria, gli esselunga e miss italia. Lasciateci sbagliare seguendo le nostre visioni e scoprirete che abbiamo qualcosa da dare, qualcosa da dare…” e accurata di quel che accade dentro: “Anche se tra te e te non c’è comprensione, anche se non hai tempo di starti ad ascoltare, anche se una soluzione non ce l’hai tu non tradirti… mai!” (La nostra pelle).
C’è spazio anche per una suggestiva discesa tra il pubblico con tanto di lampada e chitarra per l’esecuzione di Costa Rica (il brano più vetusto in scaletta) al bancone del bar del Fabrique e Stai tranquillo con Maurizio letteralmente immerso tra la gente e illuminato dalla luce degli smartphone, una sorta di falò virtuale in un mare urbano. Dal palco si riprende con una particolarissima versione di Amore che vieni, amore che vai di Fabrizio De Andrè anche se in conferenza avevano dichiarato: “Genova è la città dove si vende più Lasonil perché la gente continua a voltarsi indietro e si spezza il collo. Tra De Andrè, Lauzi, Paoli e il cantautorato nobile noi abbiamo provato invece a guardare avanti“. E lo hanno fatto, aggiungerei, con uno stile personalissimo che guarda dentro senza appesantire. Una scrittura che approfondisce ma sa anche non prendersi troppo sul serio e concedersi attimi di puro divertimento (nello show anche il count down di capodanno e attimi di luci stroboscopiche e dance sfrenata).
Il finale è in abito bianco, con la doverosa esecuzione di Solo una canzone (“anche se Sanremo ha amplificato la nostra storia senza stravolgerla“), di una delle mie preferite Ci vuole molto coraggio, Cinghiali incazzati e il remix di Non molto lontano che regala i titoli di coda a uno spettacolo davvero ben riuscito. Il cuore batte forte sotto e sopra il palco. Il viaggio prosegue e : Abbracciami per favore (perché) a te posso dire tutto tutto ciò che sento. Il tour nei club prosegue fino al 12 aprile (Bari) ma altre date seguiranno in estate, una annunciata ieri sera in anteprima sarà il 27 giugno proprio a Milano al Tuborg Open Fest.
Paola Gallo©