Milano, 29 ottobre 2017
Francesca Lozito è una giornalista curiosa e viaggiatrice. Per la musica vola lontano, anche in fatto di stili. Ecco perché le ho chiesto di scrivere per le OndeFunky la recensione del concerto dei The National ad Amsterdam:
“I The National sono una band in “missione civilizzatrice”. E Matt Berninger è Will Mc Avoy. The Newsroom, serie televisiva scritta da Aaron Ross Sorkin che racconta la politica americana attraverso un gruppo di giornalisti di una immaginaria stazione televisiva, l’Atlantic Cable news, è il primo paragone che faccio uscendo dall’Afas Live di Amsterdam: lo Sleep Well Beast tour in queste date autunnali non tocca l’Italia e così per ascoltare la band di Cincinnati tocca organizzare la trasferta.
Perché mai lo spirito di una band somiglia a quello di un gruppo di personaggi inventati da un fine sceneggiatore? (la stessa penna di The West Wing e del bellissimo Jobs interpretato da Michael Fassbender per intenderci). E’ l’indignazione che li accomuna. Un’indignazione dura e ironica nello stesso tempo. “Il presidente degli Stati Uniti ahahahah per favore non fatemi foto” e fa capire che sta scherzando Berninger nel fare il gesto del doppio pollice in sù mentre annuncia una Turtleneck cantata in modo asfissiante.
Ma il culmine è la cover dei Ramones, già eseguita la prima volta ad Amburgo, The KKK took my baby away, introdotta da una surreale spiegazione della scelta: Donald Trump suonava in una band questa canzone, è una storia vera al cento percento. Solo che è stata tolta da ogni biografia ufficiale e non si trova neppure su Wikipedia. E in questo contesto Mister November e Fake Empire, scritte nell’era Bush, assumono un significato nuovamente attuale.
Un rock politico, dunque, che conta ancora pochi adepti negli Stati Uniti, nonostante lo choc della vittoria del magnate un anno fa abbia sconvolto anche il mondo della musica.
I The National non hanno invece mai nascosto da che parte stavano e continuano a stare: le date di Bruxelles sono state annullate per la partecipazione il 30 e 31 ottobre alla convention di Obama coi giovani. Con tanto di comunicato video Instagram letto da Bryce Dessner.
I gemelli Dessner, indubbiamente l’anima musicale del gruppo suonano di tutto, anche due chitarre alla volta, si scambiano di posto, si sfidano, si mandano automatici sguardi di intesa. Costruiscono muri del suono. Fossi un neuroscienziato mi metterei a studiarli: credo che la musica sia uno dei pochi ambiti in cui due gemelli possono esprimere la propria creatività in questo modo così simbiotico.
Aaron e Bryce sono presenti sul palco, da oscurare invece in molti momenti quello che accade dietro di loro. E più di qualcosa accade. Gli altri due fratelli, Scott e Brian Davendorf sembrano rimasti quelli che suonavano in una band di scuola degli anni ‘80, cosa che rende freschezza alla loro presenza musicale. I fiati, i membri aggiunti Ban Lanz e Kyle Resnick, sono due operai nell’economia del gruppo: sgobbano come dei matti.
E Matt? Matt è distopico, perfetto nella sua imperfezione: basculante, gestuale nel marcare alcuni versi significativi al punto da rendere emozionantissima l’esecuzione perfetta di Don’t swallow the cap con quella invocazione al cielo “quando mi chiedono che cosa voglio vedere rispondo un cielo limpido sopra di me”. Un manifesto di resilienza in questi tempi da asfissia.
Il ruolo della femmina stasera lo fa la bravissima Arone Dyer, che ha aperto il concerto con il duo Buke and Gase, prodotto sempre da Bryce Dessner. Fa la seconda voce in un paio di canzoni. Ma i testi scritti a quattro mani per Sleep Well Beast da Berninger e la moglie Carin Bessner, testi duri con cui i due raccontano la crisi matrimoniale, vanno cantati con il sottofondo di un sussurro, che in molte date ha eseguito con grazia Lisa Hannigan.Grazia che non è comunque mancata con la più imprevedibile apertura di concerto di tutto il tour: la quasi mai eseguita City Middle.
Dolcezza, di voci e chitarre e parole di un uomo alla sua donna: “Karen, portami nel centro della città più vicino e noto, in cui appendono le luci per strada”. Perché poi Matt e Caren sono rimasti assieme. La “notte” dell’America di Trump non si può superare da soli.”