Milano, 1 maggio 2017
Proprio in queste ore riflettevo sul lavoro e su come sia poco dignitosamente tutelato. Pur essendoci un articolo nella nostra costituzione che lo sancisca e definisca.
Nessuno ci invita più a studiare e ad essere orgogliosi di noi. “Siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro...” cantava il profeta Franco Battiato. Tentiamo la sorte e facciamo le file ai casting.
Qualcuno registra video su YouTube con la sola speranza che diventino virali (come le malattie) ed altri dirigono il traffico di tweet, come nuovi vigili dell’etere, soltanto più pagati. Definiscono il nostro pensiero e i nostri gusti con dei semplici hashtag #. Poco importa se un programma fa schifo, quel che conta è che vada in tendenza. Apparire, sempre e comunque non è un lavoro, io credo e anzi penso che lo sforzo dei nostri tempi sia anche quello di riappropriarsi dell’importanza dell’essere.
Operai muoiono nella negligenza, impiegati affogano nell’indifferenza e i diritti, quei famosi diritti che dovrebbero garantirci un rapporto di non frustrazione con il lavoro, vengono quotidianamente violati. Ma siccome tutto parte da noi, sempre, proviamo almeno oggi a guardare oltre, a non avere paura del ricatto, dello stagista 18enne, del capo che dice “fuori c’è la fila”. Proviamo ad onorare davvero chi, il primo maggio, ha perso la vita e chi ci ha dimostrato che la schiavitù è prima di tutto una condizione mentale. Liberi (soprattutto) affamati e folli. Ma pur sempre con un talento, una passione, uno studio da sviluppare “che concorra al progresso materiale o spirituale della società”
Paola Gallo@