Milano, 7 aprile 2017
Se con Il tramonto dell’Occidente Mario Venuti evidenziava con filosofica chiarezza la mappa delle cicatrici del mondo (almeno quello occidentale), nel Motore di Vita viaggia nel perimetro umano partendo da mani e piedi come appendici di un corpo che balla, cammina, respira, vive. Belle le foto di copertina e del booklet, ottima la forma (mens sana in corpore sano) e, soprattutto, le canzoni che ci fanno ritrovare il ragazzo partito ormai più di 20 anni fa con Un po’ di febbre che aspira al pop perfetto senza perdere il desiderio di bellezza e filosofia.
<<Questo disco – mi spiega Venuti – recupera la dimensione terrena, carnale, sensoriale. Bisogna pur che il corpo esulti cantava Leo Ferrè ne La Canzone dei Vecchi Amanti. E’ inutile far finta di essere solo anima e intelletto>>
E’ più semplice alla tua età dire grazie alla vita? Da giovani forse si è più arrabbiati
<<Sì c’è un senso di rivalsa che a volte non ti fa apprezzare i doni della vita e invece a una certa età cominci a dare il giusto peso alle cose. Come cantava Modugno: Ma come non ti accorgi di quanto questo mondo sia meraviglioso? Questo non significa che io mi sia inebetito, il mio occhio riesce a filosofare anche sulle cose semplici. Un po’ come Spirito del mondo che ragiona sul fatto che la soggettività condiziona il mondo: Io sono la strada, su di me hai camminato ma alla fine dove andare hai scelto tu, sei tu lo spirito del mondo>>
Di questo brano mi ero appuntata anche un altro passaggio: Prova a chiedere conto alla vita di quello che ancora ti deve. Musicalmente cosa ti deve ancora la vita?
<<La musica è una tavolozza ricca di colori, ci sono milioni di modi di comporre le sette notte che ancora meravigliosamente esistono e io cerco di scrivere senza perdere il gusto per la scoperta, l’atteggiamento di meraviglia e sorpresa di fronte alle cose che io stesso posso creare. Rischiare insomma, non fare musica con il pilota automatico>>
E’ un alibi quindi che le note sono 7 e più di tanto non si può inventare?
<<E’ vero che tanta musica è stata fatta e le rivoluzioni musicali non sono facili da compiere, però si possono ancora dire tante cose in una canzone di tre minuti e mezzo>>
Ha ancora senso secondo te invece parlare di musica leggera o impegnata?
<<Capisco la differenza tra cultura alta e bassa però tendo a trovare un annullamento delle differenze. E’ vero che L’Anello del Nibelungo di Wagner di 6 ore in tedesco è più difficile da sostenere di una canzone di Gigi D’Alessio, però stiamo parlando di estremi>>
Spazio #Q&A Stefano, pensando a Caduto dalle Stelle, ti chiede se ti sei mai sentito così libero da volerti liberare anche dalla libertà che stai vivendo
<<E’ un desiderio che molti hanno, fino all’estremo tentativo di annullarsi come identità ed essere altri. Siccome non è possibile, possiamo essere tante altre persone pur rimanendo noi stessi, un po’ come il pirandelliano Uno nessuno e centomila. Si possono mostrare diverse facce di noi stessi. Trasferendo questo al fare musica, io cerco sempre nuove identità , nuovi territori però alla fine sono sempre io: c’è il mio modo di scrivere, la mia voce.>>
Musicalmente questo disco ha dentro tutto il tuo percorso artistico
<<Trovo che sia tutto un discorso iniziato più di 30 anni fa con i Denovo, è un filo rosso che non si è mai interrotto che lega tutte le cose che ho fatto da Niente insetti su Wilma con quella esuberanza giovanile, con la furia surrealista e avanguardista degli inizi che poi è proseguita sempre nella ricerca della perfetta canzone pop da tre minuti e mezzo. Alla fine ho sempre voluto fare questo, anche adesso che ho superato i 50 anni continuo in questa ostinata ricerca>>
Conservare in luogo fresco è un titolo pop
<<E’ pop. E’ il modo per decontestualizzare l’avvertenza che troviamo sempre sui prodotti e darle un altro significato. In un rapporto a due è un invito ad avere cura delle cose importanti e preservarle. Ho giocato con questa simbologia alimentare culinaria per parlare di sentimenti, sensualità, attrazione fisica. A un certo punto dico: io voglio essere più commestibile>>
Come porterai queste canzoni sul palco?
<<Sarà un concerto che cerca di fare la quadra di tutto. C’è un po’ di elettronica che in questo disco è abbastanza presente , però dal vivo alcune cose che sono suonate dai robot verranno suonate dagli uomini. Bisogna sentire un po’ di sudore, il legno. Ci saranno alcune versioni di questi pezzi che risulteranno più sanguigne e poi, del mio repertorio passato, mi diverto a dare una nuova veste alle canzoni anche se alcune, non so perché, le suono esattamente come sono state concepite. Ad esempio Mai come ieri non è stata mai toccata. Fortuna, Veramente hanno avuto mille arrangiamenti, ma quella ho ritenuto che avrebbe dovuto rimanere così>>
E immagino tu sia sempre convinto che “Non si può essere felici per una vita intera”
<<La felicità si può percepire solo se è preceduta da una leggera depressione. Se noi fossimo sempre felici non sapremmo di esserlo, penseremmo che quella è la normalità. Per cui bisogna venire anche da momenti difficili per poter apprezzare la risalita>>
Pensi che anche lo stato di salute del mondo e delle sue tensioni sociali abbia margini di guarigione?
<<E’ terribile quello che è successo qualche giorno fa in Siria, vedere quei bambini uccisi col gas francamente fa perdere un po’ di fiducia però non doppiamo disperare. Una delle grosse conquiste dell’Europa che noi tanto bistrattiamo sono stati 60 anni di pace. Tendiamo a darli per scontati, ma sono stati una grande conquista perché noi prima in Europa ci siamo ammazzati l’un l’altro per secoli, quindi il fatto di aver avuto questo lungo periodo di pace e non aver mai conosciuto sulla nostra pelle la guerra è stata una grande vittoria. Per questo dovremmo essere speranzosi che questo possa accadere anche in altre parti del mondo. Al momento i fatti ci smentiscono però c’è la speranza che qualcuno possa maturare la consapevolezza che la guerra è la vera pornografia, che non si può vedere, che scandalizza, che è riprovevole, un fatto per cui si prova disgusto. Nel mio disco canto Non è peccato, ecco quello è peccato. La guerra è peccato>>
Paola Gallo©