Milano, 12 aprile 2017
Quando qualcuno riesce a farmi capire la differenza tra musica subita e scelta consapevole, io lo ringrazio a prescindere. Quindi grazie a Max Gazzè per avermi dato una piccola scarica neuronale con Alchemaya, opera sintonica che fa dialogare i sintetizzatori con i 50 Maestri della Bohemian Symphony Orchestra di Praga diretti da Clemente Ferrari, in scena al teatro degli Arcimboldi di Milano. Verrà un giorno in cui l’uomo si sveglierà dall’oblio…è la citazione di Giordano Bruno che apre il libretto di introduzione all’opera che, con l’ausilio recitato di Ricky Tognazzi, lega in un’ora abbondante di rappresentazione canzoni che narrano una genesi e un eden, un vangelo apocrifo che prende spunto da Il libro perduto del Dio Enki di Z. Sitchin dalle Tavole Smeraldine e che cita integralmente la Sacra Bibbia (Ezechiele 1, 1-28), ma che discetta anche di storia, filosofia, fisica quantistica e ricerca spirituale. Brani originali composti e orchestrati dallo stesso Max con l’ausilio del fratello Francesco che con lui ha illustrato l’intero libretto.
Canzoni da seguire con grande attenzione nella prima parte e dotate, come per tutte le opere che si rispettino, di libretto con testi e annotazioni. Un lavoro importante, un’evidente ricerca di contenuti e soprattutto di nuove forme espressive che ammaliano e appassionano. Verrebbe da dire una bella mano di cultura se il termine non creasse preventiva antipatia. Sicuramente interessante e degno di approfondimento (Alchemaya diventerà in un secondo momento un album). Chiuso il sipario sul primo tempo, la seconda parte dello spettacolo porta Max direttamente all’ovazione finale nonostante il mal di gola e il raffreddore stagionale. Dal Timido Ubriaco in poi le canzoni già connotate da una straordinaria poetica diventano, con l’ausilio dell’Orchestra, delle nuove piccole opere d’arte. Su “potranno mai le mie parole esserti da rosa” il cuore si commuove ed è solo l’inizio.
Non si può rimanere indifferenti a tutte quelle corde di violino, ai fiati e a quel tessuto di cui vengono rivestite le canzoni. La scaletta è ricercata e lascia spazio a brani inediti come Se soltanto e simboliche come Atto di forza dichiarata in sede di premiazione da Amnesty International Italia: un contributo importante alla conoscenza e alla sensibilizzazione su un problema gravissimo di violazione dei diritti umani in Italia: la violenza contro le donne. Ci sono le hit con le quali frequenta la ribalta del mainstream Il solito sesso, Ti sembra normale e standard come Cara Valentina e Una musica può fare ma manca buffamente Teresa, il nuovo singolo. La precedenza viene naturalmente data all’orchestrazione. Arte e contenuto, un’oasi inaspettata di felicità. Opere e concerti come questi lavano quel senso di solitudine di chi come me ha bisogno di viaggi come Alchemaya. Perché preferisco il rischio di dover studiare per capire che quello di venire alla lunga lobotomizzata dalle canzoni troppo facili.
Paola Gallo©
Condivido ogni singola parola. Soprattutto il finale. Abbiamo bisogno di chi ci porta ad un livello più alto, anche nella musica, altrimenti davvero rischiamo solo di abituarci al piatto, al banale. Grazie
Grazie a te Daniela che hai scelto di stare qui con me, magari un po’ scomoda, ma piena di curiosità!
Ciao Paola!
Le illustrazioni del libretto sono realizzate a mano da me, Francesca Pasquinucci! La supervisione del libretto è di Max e Francesco! Grazie per l’articolo!
Francesca ne approfitto per farti i miei complimenti per aver colorato anche graficamente questa idea preziosa e le mie scuse per non averti citato nell’articolo;-(
Figurati!!! Grazie ancora!!! W la musica!!!
Condivido ogni singola parola. Nella musica, la sensibilità linguistica e culturale unita alla maestria compositiva ci abitua alla qualità in tutti gli aspetti della vita. Questo può solo fare bene all’uomo per legittimare la sua capacità creativa e non subire una logorante ma comoda lobotomia, come hai giustamente fatto notare. Un grazie per il bellissimo articolo 😉
Grazie a te per la condivisione