Milano, 3 aprile 2017
Una festa per il cuore, un invito ad uscire dai propri umori neri, dalle prigioni dei pensieri. Il concerto di Mannarino è davvero una bella esperienza di prove di felicità. E la cosa paradossale è che le sue canzoni traboccano di pensieri, a volte anche neri e di storie a volte pesanti. Eppure quel che appare chiara da subito è la volontà di guarire dal pericolo dell’autodistruzione, dalla spirale del dolore che la vita è pronta a gettarti contro e soprattutto a credere con una illimitata dose di sogni al proprio futuro, che nel caso di Alessandro coincide con la musica.
Ma io e te ci ripariamo #ApritiCieloTour @Mannarino ??? here we are pic.twitter.com/lwB1FdbNxG
— PaolaGallo ? (@OndeFunky) April 3, 2017
Si parte subito con Apriti cielo, che attraversa il Fabrique di Milano con tutta la sua potenza e misura l’alto grado di energia del pubblico, pronto a stupirsi, riflettere, ballare e richiedere Marylou (che alla fine il nostro eseguirà pur non avendola inserita in scaletta). Il palco esplode di strumenti e voci perché la festa, prima di tutto, parte da lì. Ben 12 musicisti di livello che si accompagnano con oltre 30 strumenti provenienti da tutto il mondo evocando atmosfere che fanno viaggiare gli spettatori, trascinati in piccoli carnevali dove celebrare la vita e far ballare la tristezza. Ai cori le le siciliane Azzurra, Ylenia e Simona Sciacca. Simona ha iniziato la sua collaborazione con Mannarino incidendo con lui La strega e il diamante del Bar della rabbia. Ylenia invece è il featuring de Le rane in Apriti Cielo, entrambe in scaletta.
Rispetto per i suoni, i sentimenti e le parole, rabbia che si diluisce con la malinconia come in Elisir d’amore che scorre nei nostri ricordi. Inutile dire che le parole sono la memoria del pubblico che si commuove su Merlo Rosso, sorride su Statte zitta e Me so’ m’briacato. Ed è divertente, incoraggiante e pieno di speranza vedere quanto i milanesi trasudino di tarantella, pizzica e romanità. Che a volte (sempre?) la musica batte la politica sette a zero.
Dietro le quinte dopo quasi tre ore di musica, Alessandro mostra il suo sorriso ed è contento che tutta la sua verità sia arrivata prepotente. Ci abbracciamo di felicità condivisa e lo ringrazio perché anche per me si è aperto un cielo nuovo. Senza abbassare la guardia e senza mai uscire del tutto dalle case popolari, Mannarino è riuscito a capitalizzare il dolore e a tradurre la rabbia in canzoni. A ingannare il pessimismo, a prendere in giro il dolore, a far ballare paura e tristezza. Bravo e utile. Se capita nelle vostre città da qui all’estate vi consiglio di salire sull’Arca.
Paola Gallo©